Ars Moriendi – L’arte di vivere bene

 

 

uno spettacolo di DOMESTICALCHIMIA

 

Ideazione Francesca Merli e Laura Serena
Regia Francesca Merli
Drammaturgia Francesca Garolla
Con Laura Serena e attori in via di definizione


“Parlare di morte fa ridere d’un riso forzato e osceno. Parlare di sesso non
provoca più nemmeno questa reazione: il sesso è legale, solo la morte è
pornografica”.
Jean Baudrillard

 

L’essere umano si differenzia da qualsiasi abitante della terra per la capacità di rappresentare ciò che comprende e per la consapevolezza della propria finitudine; infatti è l’unico a chiedersi che senso abbia vivere sapendo di dover morire. Perché oggi la tendenza della società contemporanea è quella invece di nascondere l’evidenza della fine attraverso la censura della morte?

Ars moriendi («L’arte di morire») è il nome di due scritti latini, che contengono suggerimenti per una buona morte. Ci è sembrato un buon punto d’inizio per parlare di morte oggi, perché spesso per l’uomo contemporaneo morire bene è un ossimoro che non colma alcun vuoto espressivo, ma un’espressione che provoca solo rifiuto. Nell’epoca del transumanesimo, della rimozione della morte e dell’individualismo, che valore si dà al rito funebre, all’elaborazione del lutto, al concetto di separazione?

Pensiamo di avvicinare il pubblico all’argomento come farebbe una guida contemporanea per capitoli: il rapporto col corpo del defunto, la cura del rito, il percorso di separazione. Vorremmo accompagnare gli spettatori in un percorso di svelamento e di conoscenza che procede per gradi, contrastando con l’ironia la gravità dell’argomento. Per contrasto andiamo verso l’obiettivo finale della ricerca che è quello di portare a compimento una riflessione sull’arte di vivere.

Per creare la drammaturgia partiremo dallo studio dello status quo attraverso interviste agli studiosi che si occupano dell’argomento: sociologi, antropologi e tanatologi, ovvero coloro che si occupano di scienze umane e sociali. In secondo luogo andremo dai professionisti della morte: necrofori, tanatoesteti, psicologi del lutto, custodi del cimitero, ossia coloro che hanno un contatto diretto, quotidiano e normalizzato con la morte.

La fase di ricerca è già partita, abbiamo già intervistato molti professionisti delsettore. Da quanto raccolto finora, l’idea che ci è parsa chiara è quella di mettere in relazione necrofori ed attori.
Attori e necrofori (comunemente becchini) dialogheranno sul tema della morte partendo dall’ironia, dal paradosso, dal vivere la morte come ineluttabile, ma anche in modo terribilmente comico, partendo in realtà da esperienze comuni, tragicomiche e per questo umane. Attori abituati a far morire più volte in scena i loro personaggi per diventarne degli altri. Necrofori, tanatoesteti, tumulatori etc… abituati invece ad avere un contatto meno artistico con la morte ma normalizzato e quotidiano. Perché una persona sceglie di fare l’attore o l’attrice?
Per la paura di morire vive mille vite diverse dalla sua? O si potrebbe dire per la sua inesauribile voglia di vivere? I necrofori come scelgono di celebrare la vita?