Io non ho mani che mi accarezzino il viso

Un viaggio dentro e nei dintorni della fragilità. La fragilità di chi ha vissuto solo tra le pagine di un libro e quella di chi, sulle assi di un palcoscenico, ci mette la faccia. Dal personaggio, al ruolo, all’attore, alla persona. Lo scivolamento è inevitabile. I ritratti si sovrappongono, ma non si fondono. Il ritrattista preme per diventare lui stesso il ritratto. Lo scambio è continuo. E non si sa dove sia il vero e dove sia il falso, dove sia il reale e dove la finzione, dove finisca il teatro e dove inizi la vita. Ma in fondo, questo, non è importante. Da qui è iniziata la ricerca e il lavoro di drammaturgia scenica e attoriale. L’incontro – contemporaneo, fuori e al contempo dentro le rispettive storie, irreale, non ancora scritto – tra tre personaggi della storia della letteratura teatrale. Come creature sopravvissute a un incompiuto dramma pirandelliano, come evocati da un testo di Müller, queste tre solitudini attraversano la scena e combattono una – personalissima – battaglia nel nome della loro individualità. Percorrono strade inevitabilmente parallele, sono il ritratto in carne ossa di un fallimento già accaduto altrove, lontano nel tempo e nello spazio, ma qui s’incontrano, si scontrano, sono obbligati al dialogo e hanno un solo punto in comune: la fragilità.