/ Christina G.Hadley Residenze Digitali

/ Diario di bordo

La montagna del sapone

DIALOGO con La Corte Ospitale e il Teatro della Tosse

 

La Montagna del sapone è un progetto complesso che si articola su vari livelli ed è composto da un film e da un sito web e da un videogioco. Come è nata questa idea?

L’idea è nata ufficiosamente nel 2015 circa e ufficialmente nel 2019. Con il passare degli anni in realtà il progetto è cambiato, si è stratificato e di conseguenza ha raggiunto una complessità maggiore sia a livello tecnico sia concettuale. Tutto è partito dall’omonimo album “La Montagna del Sapone” della musicista Marta Coletti aka Bertuccia Mon Amour.

Mi avevano colpito le sonorità lo-fi, l’eterogeneità dei suoni e l’atmosfera sospesa e onirica. Volevo creare un film che rispettasse queste sensazioni. Poi sono cresciuta, il mio modo di pensare è cambiato e si è sempre più permeato di una connotazione politica e sociale. Anche il mio modo di interpretare l’agire artistico è cambiato in particolar modo dopo il mio ingresso nel corso di Net Art all’accademia di Brera. Il titolo stesso dell’album mi ha obbligato a riflettere sul significato e sulle implicazioni simboliche che ha, sia per quanto riguarda il contesto storico, quello della nascita della borgata di Primavalle, sia per quello metaforico. Mi sono chiesta, cosa è adesso per noi la Montagna Del Sapone? Non lo so ma so cosa è per me. Se immagino internet come una costruzione, sicuramente nel mio immaginario, è una montagna di bolle di sapone, dove l’utile e l’inutile perdono la loro connotazione. Se vedo il rovescio di tutto questo, questa montagna diventa una voragine, è l’inferno dantesco, è letteralmente la discesa agli inferi di qualsiasi pulsione umana. Tutto è esplicito e celato, tutto è verità ma anche menzogna: è spettacolo. E secondo me l’unico modo per capirne le implicazioni è scalare questa montagna e contemporaneamente scendere questo inferno.

Il fatto che il progetto si sia ampliato e contempli adesso anche un videogioco, è questione economica e pratica: per poter creare questo film da sola, ho dovuto cercare delle soluzioni non convenzionali, una di queste è usare un motore grafico per videogame che mi permette di creare un girato molto più velocemente rispetto alle tecniche di animazione convenzionali. D’altra parte il lavoro di costruzione degli ambienti e dei personaggi dei capitoli è così minuzioso e allo stesso tempo “lo fi” e “glitchoso” che mi dispiaceva che tutto si esaurisse nel film. Il videogame aggiunge quel grado di interattività e rapporto con il pubblico che con un film è possibile in parte. 

 

Quale è il tuo rapporto con internet e con il mondo digitale? Come si integra la creazione artistica digitale con lo spettatore?

Il mio rapporto è naturale, mi considero una nativa digitale. Se parliamo di digitale in opposizione ad analogico tutto nella mia vita è digitale, sono nata in un periodo in cui il digitale era entrato nelle case con oggetti comuni. Quindi chiedermi qual è il mio rapporto con internet e con il mondo digitale è come chiedermi perché parlo italiano. Sono nata così.

Per quanto concerne la seconda domanda mi trovo un po’ in difficoltà: anche se non sai cosa c’è dietro la “scatola” che sia un pc, un telefono o qualsiasi altro tipo di supporto, tu devi premere un bottone e già questo è il primo grado di interazione fra chi fruisce e chi crea. Quindi dal mio punto di vista la creazione artistica digitale è già integrata con lo spettatore, semmai adesso è possibile per lo spettatore partecipare ancora di più all’atto creativo perché internet è popolare e gli strumenti digitali ormai sono di ampia diffusione ed è questo che trovo interessante: un contenuto artistico può essere finalmente non elitario ma questo dipende strettamente dalle volontà di chi crea.

 

Per la creazione del tuo lavoro, hai incontrato alcune spettatrici e hai registrato i loro gesti con la tecnica del motion capture, una tecnica che si avvale di sensori e software sofisticati per ‘catturare’ il movimento di persone e oggetti per creare animazioni. Quale è stato il valore aggiuntivo che hanno portato al progetto?

Faccio una piccola premessa, La Montagna Del Sapone parla anche di tutte quelle situazioni in cui noi ci illudiamo di sapere e di avere il controllo, che sia di un contesto, di un fatto o uno stato dell’essere non importa. In realtà questo controllo non lo abbiamo quasi mai. Quando ho registrato i movimenti che le spettatrici di Corte Ospitale hanno eseguito per il quinto capitolo, ho lasciato che interpretassero la musica liberamente. Non ho dato loro vincoli particolari, lasciandomi nell’incertezza del risultato, e contemporaneamente non ho dato loro informazioni su quale sarebbe stato il loro “aspetto” e né ho espresso un giudizio in merito al loro agire. Il risultato è stato una perdita di controllo condivisa, io ho dovuto ripensare alla scena che avevo in mente. Ne è uscito fuori uno stravolgimento che trovo arricchente, perché sono stata costretta ad improvvisare insieme a loro. Non trovo nulla di più piacevole di produrre qualcosa di inedito anche per me. Lo trovo un atto performativo completo, una performance dentro la performance. Ha obbligato anche me a diventare spettatrice di un qualcosa

Nel tuo progetto, anche la componente musicale occupa uno spazio importante, quali sono le tue fonti e quale è il rapporto tra suono e immagini digitali?

L’uso del suono è sempre stato fondamentale per me. Le fonti derivano dal cinema e dalla cultura pop e underground. I primi film che ho visto (e a cui sono particolarmente affezionata) fanno della componente sonora il fulcro essenziale. Il primo che mi viene in mente Labyrinth, il secondo Brigadoon. Ma anche le sonorità oniriche di Lynch, o quelle horror metafisiche di Kubrick o i videoclip musicali di Floria Sigismondi per citarne solo alcuni, sono fonte d’ispirazione. Il suono è quella cosa che ti permette ad occhi chiusi di immaginare spazi. Per me è ciò che crea l’immagine e il suo ritmo prima dell’immagine stessa. In particolar modo ne “La Montagna Del Sapone” è il canovaccio su cui si basa l’intera sceneggiatura.

Su quali elementi del tuo progetto ti sei concentrata e hai lavorato durante questa residenza? Quando pensi che si concluderà il progetto?

Ho lavorato alla realizzazione di tre capitoli, dal terzo al quinto.

Ogni capitolo del progetto prevede la narrazione intorno ad alcune tematiche connesse all’uso della rete. Il secondo capitolo, anch’esso inedito, pubblicato assieme agli altri durante la settimana delle residenze digitali, tratta il tema della disneyficazione del web, il cui significato ha valenza multipla: internet come posto mercificato, come spazio di agone politico ambivalente, e internet come luogo d’intrattenimento. La rete viene rappresentata come un parco giochi memetico, un non luogo che estende la vita urbana, ma anche come una fuga da essa.

I capitoli su cui mi sono concentrata in questi mesi girano intorno al tema delle metafore spaziali di internet, sia a livello infrastrutturale e sociale, ma anche ad un livello più metafisico e spirituale.

Ho voluto concretizzare la metafora spaziale in questo contesto rappresentandola con un hotel, uno spazio liminale a tratti terrificante, in cui i personaggi che lo abitano sono la personificazione di termini utilizzati in rete quali: troll, shitstorm, networking, identità digitali, web, eco chamber ecc…

Tutto l’ambiente, dall’hotel allo spazio bucolico alieno esterno, è stato creato utilizzando vari software 3d. Ho lavorato molto anche sulla recitazione e animazione dei personaggi, sia registrando i miei movimenti, quelli di mia sorella e come detto prima di alcune spettatrici di Corte Ospitale, sia ricreando delle animazioni più macchinose a mano. 

Un’altra componente su cui mi sono concentrata è stata sia la creazione del videogame, sia il server di networking Discord.

Il videogame, come ho già anticipato prima, raccoglie tutta l’ambientazione utilizzata per girare il film. L’utente può diventare protagonista del progetto scegliendo un suo percorso ed esplorando ogni cm dell’ambiente. In caso voglia farlo può anche creare una sua narrazione filmando il tutto e condividendola con me e altri utenti sul server creato appositamente su Discord.

Il progetto per ora prevede la creazione di 13 capitoli che verranno pubblicati nel tempo, al momento ne sono disponibili 4. Non ho una data finale di chiusura, purtroppo il progetto è immenso, come è immenso anche lo sforzo e la mole di lavoro. Il feedback positivo da parte del pubblico e magari una raccolta fondi che va a buon fine non potrà fare altro che incentivarmi a concentrarmi esclusivamente su questo per i prossimi mesi, anni, eoni.

 

Il progetto prevede anche la creazione di un tuo canale Discord in cui, con il tempo, la community che si andrà a creare potrà caricare i suoi contributi tenendolo sempre aggiornato. Quale è il valore di questa comunità per la Montagna di Sapone e viceversa?

Il server Discord è innanzitutto un diario di bordo a tutti gli effetti. Lì è dove vengono caricati bozzetti preparatori, moodboard, video di glitch incontrati durante la costruzione del progetto, approfondimenti sulle tematiche sotto forma di archivio. Il condividere il processo con la comunità e confrontarmi con essa probabilmente mi porterà a modificare nel tempo ciò che ho già in mente di fare per i prossimi capitoli. Così come è già accaduto per quelli già fatti. La community può contribuire al progetto in diversi modi, ad esempio può arricchire gli archivi, linkando progetti esterni, libri, documentari e altro in cui si discutano le tematiche affrontate nei vari capitoli. Oppure l’utente stesso può cimentarsi nella scrittura di articoli, storie, creepy pasta in cui Cindy può essere protagonista oppure no. O ancora sarà possibile caricare sul server nella sezione dedicata modelli 3d che andranno ad espandere gli ambienti del videogame. Esempio una giostra memetica o uno spazio identitario proprio da inserire in una delle stanze lasciate libere dell’hotel nel capitolo 3 e 4, o un disegno, una poesia, qualsiasi cosa. Sarebbe bello creare una continua opera d’arte che si rigenera a partire dalla mia visione. Dal punto di vista concettuale è anche su questo che si basa il mio progetto, sebbene per me abbia un determinato significato, per altri può essere interpretato in altri modi. Nessuna opera d’arte si esaurisce in sé. Tutte le opere sono sempre state in relazione al reale processo di vita della società dalla quale si sono distinte. E credo che il bello sia proprio il poter esprimere la sua versione dei fatti o la propria opinione proponendo nuove visioni.

LINK AL CANALE DISCORD >> link

Il progetto delle Residenze Digitali nasce nel 2020 da un’idea del Centro di Residenza della Toscana (ArmuniaCapoTrave/Kilowatt), che da allora ha esteso il partenariato ad Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMATCentro di Residenza dell’Emilia-Romagna (L’Arboreto – Teatro Dimora di MondainoLa Corte Ospitale di Rubiera),Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di Genova, Associazione ZONA K di Milano, Piemonte Dal Vivo – Lavanderia a Vapore del Piemonte e Fondazione Romaeuropa di Roma.