Penelope
scritto e diretto da Martina Badiluzzi con Federica Carruba Toscano
progetto sonoro dal vivo Samuele Cestola
disegno luci e scene Fabrizio Cicero
costumi Rossana Gea Cavallo
dramaturg Giorgia Buttarazzi
aiuto regia Arianna Pozzoli
assistente costumi Marta Solari
artwork Serena Schinaia
fotografie Guido Mencari
curatore del progetto Corrado Russo
produttore e organizzatore generale Pietro Monteverdi
ufficio stampa Marta Scandorza
una produzione OSCENICA
in coproduzione con RomaEuropa Festival I Primavera dei Teatri I Pergine Festival l Scena Verticale
con il sostegno di Centro di residenza dell’Emilia-Romagna “L’Arboreto Teatro Dimora / La Corte Ospitale” I Teatro Biblioteca Quarticciolo I Carrozzerie N.O.T. I Teatro del Grillo
Penelope è una donna sottoposta alle intemperie del tempo, conosce la propria intelligenza, ormai conosce sé stessa, la saggezza che l’ha portata ad essere un’eroina di resistenza e determinazione.
Conosce il suo corpo, e la sua lingua. Parla riempiendo il suo deserto emotivo di parole che sono una prima persona singolare, un monologo ironico e dolente che segue il tempo languido del sogno e quello forsennato del desiderio e della fame.
La bocca è la porta del corpo e della mente che dà sul mondo esterno. È il luogo da cui entra il cibo, da cui escono le parole. Penelope osserva il mondo dei maschi, cercando ristoro dal caldo e dal fumo della guerra che imperversa fuori. Dal corridoio di casa, sprofondata in una noia senza fine, immagina di invitare a pranzo l’uomo che attende da sempre.
Su quale tipo di storia abbiamo formato la nostra cultura? Ulisse il re dell’ingegno, il pensatore, colui che, emblema dell’umanità curiosa, usa la sua intelligenza per dominare la realtà. Penelope, invece, è una giovane donna, il suo apprendistato è lungo. Cosa le sta insegnando la solitudine?
L’attesa di Penelope, la sua resistenza non violenta di cosa ci parla; perché ci parla in questo momento?
Penelope è una donna sottoposta alle intemperie del tempo, conosce sè stessa, conosce la propria intelligenza fine che l’ha portata ad essere un’eroina di resistenza e determinazione. Conosce il suo corpo, conosce la sua lingua, sa parlare e ora parla riempiendo il suo deserto emotivo di parole che sono una prima persona singolare, un monologo ironico e dolente.
La sensibilità di Federica Carruba Toscano e il suo straordinario talento sono il corpo e la voce perfetti per impersonare una donna così antica eppure dalle istanze modernissime. La bocca è la porta del corpo e della mente che dà sul mondo esterno. È il luogo da cui entra il cibo, da cui escono le parole. È frontiera, è limite. Ed è sulle labbra di un’attrice che prende corpo questa voce, questa donna, questo canto.
L’allestimento, in dialogo con il disegno luci, è un’installazione dell’artista Fabrizio Cicero. Il silenzio dello spazio vuoto è il preludio all’eco che una voce solitaria può generare. In questo deserto, la voce di Penelope riecheggia nello spazio scenico, un corridoio specchiato che sembra non avere fine dominato da un coro di sette ventilatori cromati.
Il design del suono è curato da Samuele Cestola, attraverso piastre e microfoni che trasformano l’istallazione di ventilatori in un coro, generando un dialogo che a tratti potrà sembrare il frutto dell’immaginazione di Penelope ma che, invece, interpella e riguarda tutte le donne. Uno sparpagliarsi di voce e di pensieri che è necessario alla protagonista per potersi ascoltare in terza persona, per oggettivare il racconto e non naufragarci dentro.