FUGA MUNDI
Teddy Bogaert è in residenza in Corte Ospitale all’interno del progetto New Grand Tour, progetto dell’Istituto Francese d’Italia e dell’Ambasciata francese in Italia per giovani artisti europei.
Fuga Mundi è la terza parte della ricerca teatrale di Bogaert sul tema della fuga.
“Dopo il primo confino dovuto alla pandemia, ho deciso di adattare il romanzo La Folle Allure, dell’autore francese Christian Bobin, allo spazio pubblico e all’aria aperta. È la storia di una bambina che cresce in un circo nomade e, inventando continuamente nuove vite e nuovi volti, scappa di casa. Finché diventa una giovane donna in cerca di libertà, di emancipazione. Grazie all’allestimento circolare, alla presenza musicale della fisarmonica e ai corpi che danzano, corrono e interagiscono nello spazio esterno, questa prima creazione basata sulla fuga mi ha permesso di ritrovare i sapori di un’infanzia maliziosa e insolente, di immaginare la fuga non come una fuga sconsiderata, ma come un mezzo di evasione per conoscere meglio il mondo, per coltivare la propria gioia e la propria curiosità verso gli altri. È un testo che interroga anche i nostri modelli familiari: fino a che punto possono confinarci ma anche darci la forza di lasciarli, per un periodo o per sempre. Qui, grazie alla figura della madre, l’Italia si fa già sentire come parte evidente del mio desiderio di creare: “in Italia, ciò che è dentro lo mettono fuori, i panni da asciugare e il cuore da lavare” scrive Bobin. Attraverso questi slanci di fuga, attraverso questi giochi di bambini, sentiamo l’orizzonte di questa Italia che mi attrae tanto.
La seconda parte si chiama SIAMO, Histoires de Fugues. Questa volta ho voluto affrontare questo tema con uno stile di scrittura molto personale. Una bambina corre, fugge, si nasconde in una stalla. Nella sua corsa risveglia le ombre di altri orfani, quelle delle fiction che hanno popolato la mia immaginazione infantile: Matilda, David Copperfield, Oliver Twist, Fifi Brindacier, Peter Pan… Con loro risuonano altri tempi e altri Paesi, e anche altre lingue: l’italiano è sentito come la lingua dei sogni e della fuga. In una grande stanza improvvisata, musica, cavalcate e giochi vengono messi in atto per contrastare la crudeltà degli adulti e il loro mondo assurdo. Qui la fuga assume un significato più vitale ed essenziale: quello della sopravvivenza di bambini soli che hanno preso la strada per crescere in un mondo ostile. Le lingue si mescolano, questa volta l’italiano è più deciso e si fonde con le danze e il linguaggio del corpo degli attori.
Fuga Mundi sarà quindi la terza parte di questa indagine. D’ora in poi, voglio affrontare il tema della fuga in modo molto più concreto: attraverso il viaggio. Una fuga non ha una fine determinata: è un impulso, l’inizio di una possibilità verso qualcos’altro, e nessuno sa dove sia diretta. Così, forte delle mie personali esperienze di viaggio in Italia, e in particolare a Napoli negli ultimi 6 anni, vorrei cogliere l’opportunità di queste residenze con l’Istituto Francese per tuffarmi nella scrittura di un nuovo spettacolo, in diverse lingue: francese, inglese e italiano. Perché, fortemente ispirato dagli scritti di Dickens durante il suo viaggio a Napoli, ma anche con la traccia di tutti i personaggi di fantasia che viaggiano con me, nei miei libri o nella mia testa, sono proprio diverse le lingue che dialogano in queste vere e proprie fughe che intraprendo. Perché l’uomo ha bisogno di fuggire, di correre e di camminare? Come possiamo uscire dal mondo per conoscerlo meglio? Cosa succede alla nostra identità quando attraversiamo i confini? E soprattutto: in che modo il viaggio ci permette di crescere, quando pensavamo di intraprenderlo per conservare la meraviglia del bambino che è in noi? Queste sono le domande che vorrei porre al Teatro, il palcoscenico che risponde sempre meglio della mente. Per farlo, vorrei lavorare con Jessie Chapuis, autrice e regista, che ha il gusto della scrittura scenica, della ricerca drammaturgica e del lavoro sul corpo, e che attribuisce particolare importanza alle ricerche intime che arrivano a interrogare il mondo cercando la loro potenziale teatralità. Vorrei anche chiedere all’attrice Laure Prioul di aiutarmi a trovare modi di esprimermi in scena attraverso il corpo e la danza che parlano come le parole. E forse essere io stesso attore in questa terza parte, il più vicino possibile a tutto ciò che è risuonato in me negli ultimi due anni.”