Wonderful WORDS

 

La stagione di prosa del Teatro Herberia nelle parole degli spettatori Wonderful.

 

Gli spettatori abbonati del Teatro Herberia, un gruppo di spettatori affezionati, che noi chiamiamo WONDERFUL, dopo ogni spettacolo raccoglie emozioni, pareri e suggestioni in un gruppo su WhatApp: questo spazio è dedicato a loro!

 

18/12/2023 NATALE IN CASA CUPIELLO

Roberto F.
Questo di questa sera non può essere uno “spiegone’’, non deve essere uno spiegone; eppure se dovessi invece raccontarlo a due carissimi “wonderful” stasera incolpevolmente assenti, lo farei con un fiume di parole per descrivere quel caleidoscopio di stimoli, emozioni e stratagemmi scenici che hanno saputo aggiungere qualcosa di unico e originale ad una pièce che compie novant’anni. La scenografia si dispiega di fronte a noi spettatori con un gioco di silhouette tipo “ombre cinesi” che mi riporta ad una sorta di lanterna magica e che man mano si trasforma giocando abilmente con le luci di scena, in un arazzo in cui si aprono tende a scomparsa al cui interno i pupazzi dei personaggi della casa prendono vita e voce dall’unico attore presente in scena Luca Cupiello impersonato da un travolgente Luca Saccoia che da lì in poi darà l’anima a ciascun personaggio dell’opera teatrale. Un affresco, dei pupazzi, un mattatore e una colonna sonora che danno della commedia più conosciuta di Eduardo, un’interpretazione unica e originalissima! La periferia intesa come luogo lontano dal centro ma anche come zona popolare in cui prorompe tutta un’umanità fatta di cose semplici, quotidiane, di vite che non navigano nell’oro ma che cercano di essere accomodanti, conciliari “…come non ti può piacere il Presepe!” grida Luca a Tommasino. Tre atti, due pause per permettere cambi scena che ridefiniscono lo spazio scenico completamente diverso dal precedente ma sempre con una ricchezza di particolari e un’illuminazione bellissima. Ho amato l’impiego di tutte queste tecniche che mescolano attori, pupazzi e figuranti che diventano una cosa sola ed allo stesso tempo mille punti di vista differenti, mille modi di leggere la scena. Il mio limite che a volte sentivo era di non comprendere appieno il dialogo declamato in un napoletano molto stretto, ma la cui gestualità mi è stata di grande aiuto. Uno spettacolo che mi è piaciuto per intero ma anche in ogni dettaglio. Questo come i precedenti confermano una stagione che si sta rivelando in ascesa costante fatta di lavori vivi, veraci; una giusta conclusione d’anno e un applauso sincero alle “fatine” della Corte per le cose stupende che ci propongono! Buone feste a tutti!

Elena B.
Mi associo e condivido pienamente le tue parole che cercano di restituire il senso di meraviglia che ci ha inondato. Faccio eco anche ai ringraziamenti per una stagione nutriente, varia e vitale, grazie davvero! 

Paolo G. 
Mi è piaciuta parecchio la capacità dell’attore di entrare ogni tanto nella scena quasi fosse anche lui un personaggio….. questo rendeva molto familiare e “napoletano” lo spettacolo. 

 

 

06/12/2023 ENTERTAINMENT. Una commedia in cui tutto è possibile

Roberto F.
A molti è sembrato uno spettacolo delizioso, a me no! Io sono passato da un momento di imbarazzo nel lungo silenzio iniziale alla risata sonora e conclamata nella conclusione con il crescendo di una colonna sonora che ci riportava negli anni 70. Due attori straordinari che alternano un chiacchiericcio sotto voce di due spettatori che stanno assistendo ad un dialogo di uno spettacolo teatrale ai protagonisti stessi del dialogo teatrale; il commento dei due spettatori in realtà diventa un’analisi sottile tra l’eterna lotta dell’attore e della sua performance teatrale, tra la realtà e la finzione: può la seconda irrompere nella prima? Può l’assenza nella finzione dell’amata essere amore essa stessa? L’esistere è funzionale al personaggio oppure diventa la condizione di amore dell’attore in quanto essere reale? In questo gioco di scatole cinesi, di matrioske dove ci fermiamo? I due protagonisti (dovrei dire 4, forse 8 e così via) rimbalzano dal palco alla platea con disinvoltura, ma dove sono gli attori? Siamo noi che ci immaginiamo la percezione di un sorrisetto come sbordatura di una parte? O sono loro che ce lo vogliono far credere? Uno spettacolo che sembra al primo sguardo semplicemente divertente ma che ci dice molto sul Teatro e sul suo ruolo, sulla magia e perché no: sul caos che genera! L’invito a salire a casa per bere qualcosa lo rivolge Steven a Margot o Francesco a Tamara o forse la spettatrice allo spettatore? Oppure a me? Una cosa resta certa: l’Amore sugellato con un bacio appassionato è quello che riverbera all’infinito l’eterno commiato dei due amanti mescolando tutti i piani possibili. Da vedere e rivedere! Tratto dal testo dello scrittore, regista e sceneggiatore russo Ivan Vyrypaev di cui sono curioso di vedere “Euforia” con cui ha vinto il leone d’oro a Venezia nel 2006.

Luisa C.
Uno spettacolo originale, una commedia particolare dove, alla ricerca di uno sguardo sul teatro, si parte capovolgendo lo spazio e la prospettiva tra spettatori e attori.
La continua ripetizione di battute e ruolo richiede una capacità attoriale straordinaria.
Da questo punto io non ho trovato lui così istrionico come il ruolo avrebbe voluto.
A parte il primo fastidio , invece, sugli stereotipi femminili tra oca romantica e super seduttrice, che però ci può stare, è una scelta solo marginale, lei cambiava il personaggio in modo molto più efficace e quindi interessante, tra voce, sguardo e corpo. Originale , divertente, e fa pensare. L’attore è bravo e soprattutto nei tempi “comici”, quindi tanta roba, ma non ha sfruttato fino in fondo il potenziale e mi è mancato un po’ lo scambio tra i personaggi.

Roberta T.
Io ho trovato garbato l’approccio, per me è stata una riflessione sulla concezione antitetica di amore e vita occidentale ed orientale. Ed ho trovato delizioso per come è stato presentato, leggero, sottolineato, divertente. Durante lo spettacolo ad una certa ora mi è sorta vaghezza (fame) e sono riuscita ad ignorarla, raramente mi è successo nella vita!

 

 

30/11/2023 PENELOPE

Roberto F.
Ho raccolto velocemente le idee per fissarle in queste righe che lascio ai miei colleghi Wonderful. Penelope è un’eroina che passa attraverso la storia dell’Umanità, una donna in attesa, una donna sfiancata dalla consuetudine, una donna in pericolo; una figura che raccoglie e reinterpreta molte delle figure del mito che ci ha consegnato la tragedia greca. Figlia, moglie, madre ed amante contesa, verace, vorace e carnale ci illustra quadri istantanei che si susseguono rapidi e di cui non fai a tempo ad adattarti. Parlano di cose lontane, antiche ma anche drammaticamente attuali; la Penelope di Martina Badiluzzi interpretata magistralmente con impeto, sudore e trasporto da Federica Carruba Toscano, ci insegue non ci dà tregua, vorrebbe uscire dalla propria attesa solitaria andando incontro ad Ulisse, ma anche al cameriere dai capelli rossi; ha fiducia nel padre, ma ne teme la punizione; è una donna emancipata e risoluta, ma subisce la violenza maschile incontrollata. È una donna simbolo vista da una donna. Vedemmo in anteprima un primo ma significativo abbozzo di questo lavoro che mi aveva colpito per la fisicità ed il coinvolgimento di noi spettatori assiepati assai prossimi al palcoscenico; questa versione compiuta, rappresentata nel teatro Herberia è risultata un po’ meno efficace perché noi eravamo molto più distanti, così come la voce amplificata troppo ricca di echi ed in parziale sovrapposizione con la voce naturale. Aspetti tecnici a parte, sicuramente migliorabili, un lavoro forte, sanguigno e originale interpretato con grande trasporto che ci restituisce la voglia di andare a Teatro per vivere in prima persona stimoli e suggestioni uniche!!

Roberta T.
Una seduta psicoanalitica scomposta, mitica, tenera e disturbante, ma non provocatoria, per me. Coraggiosa

Anna C.
Similitudini tra Penelope di Martina Badiluzzi e l’Odissea di Omero, le trovo, ieri sera ho visto flash, attimi, momenti di tragedie greche, di vissuto antico e moderno, di sociale nemico e lusinghiero, un susseguirsi un po’ eccessivo , di intrecci e di sentimenti che mi hanno portata a spostarmi un po’ dal dramma e seguire la magistrale interpretazione di Federica Carruba Toscano. Bella, giunonica, maestosa. Sola, con una poltrona e’ riuscita a riempire la scena, il palco. Tutto in Lei parlava, il viso, le mani, i capelli, il corpo. I semplici movimenti con le mani, la giacca, i pochi passi fatti hanno incollato la mia attenzione.

 

 

22/11/2023 IL GRANDE VUOTO

Roberto F.
COLPITO!!! Chi questa sera non si è sentito coinvolto da “Il grande vuoto”? Io ho sofferto e mi sono sentito “colpevole” nel rivivere le esternazioni, diverse per sensibilità, dei due figli che pur cercando di resistere strenuamente lei o accettare più passivamente lui, vengono inghiottiti man mano dall’immensità del VUOTO! Trovarsi di fronte alle figure di riferimento della nostra vita (almeno fino all’adolescenza) che hanno condotto, protetto, indicato e sostenuto il nostro affacciarsi al mondo che abdicano fisiologicamente al loro ruolo, mentre per noi la loro autorevolezza rimane inalterata FA MALE! Badate bene: mai prive di polemiche e contestazioni, come vuole un costruttivo rapporto genitore-figlio, ma che comunque riveste sempre un parere speciale di cui io ne ho apprezzato il valore e la giustezza; vedere il dissolversi non della loro presenza materiale, ma di quella gouache di colori rappresentata dal loro esserci che man mano sbiadisce fino ad annullarsi in un bianco uniforme fa sì parte della VITA, ma per me è stato angosciante… La gestualità di Fabiana Iacozzilli che interpreta l’anziana madre, passa dai simpatici rimbrotti dell’altrettanto anziano marito, ad un isolamento taciturno fatto di gesti che ho tristemente riconosciuto, come il giocare ossessivamente coi propri capelli o quello sguardo neutro, fisso e assente come se guardandola potessimo passarci attraverso. Ho provato un grande senso di colpa perché nella reazione della famiglia, io mi sono sentito più affine alla figlia che cerca ossessivamente e sbagliando, una reazione della madre arrivando ad aggredirla verbalmente!
Io ho chiesto scusa a mio padre, forse troppo tardi, ma seppur in extremis, ci sono arrivato congedandomi da lui accarezzandolo proprio come fanno verso la conclusione, i figli con la madre; è stata l’ultima volta che ho “visto” veramente mio padre…
Grazie dello spettacolo di stasera, grazie agli attori; adesso con mia madre alla soglia degli ottantacinque mi sforzo per non ripetere gli errori, anche se a volte è veramente dura, ma quello sguardo rivissuto stasera non mi abbandonerà MAI!

Elena B.
Quando il teatro ci fa rileggere e maturare nelle nostre condizioni di vita, diventa necessario. Cerco una cultura necessaria, non importa se fa star bene o male, purché lo sia. Bella la riflessione sugli atteggiamenti dei due figli, bella la battaglia della figlia per conquistare l’accettazione profonda dello smarrimento della madre; travaglio necessario per arrivare al nocciolo duro del legame, oltre la perdita dei sè, oltre tutto.

Paulina M.
Io ho apprezzato particolarmente un’impronta “naturalista” delle scene. Si può dire così? Dalla scena iniziale con il marito, al corpo centrale del pasto a tavola. Eravamo seduti nel nostro cantuccio e osservavamo il vero. Non so se funzionale alla storia raccontata, ma nella mia piccola esperienza, l’aggravarsi della malattia ha inizio proprio con il lutto, la perdita del marito. Molto bravo Piero: aveva una mimica facciale perfetta soprattutto nei momenti in cui la scena era detenuta dalla sorella. E poi la “soluzione creativa” per trovare bellezza in questo grande vuoto, commuovente nella sua semplicità quasi a ricordare i fiochi dei bambini (non si torna forse al principio?), che culmina in un bellissimo finale visivo, artistico, poetico.

Paolo G.
Beh a me lo spettacolo è piaciuto fino a un certo punto, sarà perché ho vissuto l’esperienza della demenza senile con mia mamma per tre anni e mezzo, ed è ancora abbastanza fresca, che l’interpretazione dei due figli non mi ha convinto, mi è sembrata un po’ stereotipata e un po’ tranchant, non ha lasciato spazio ai dubbi (tanti dubbi) che a me sono venuti nel corso di quei tre anni e mezzo e che credo tutti provino in quelle situazioni. Credo che questi dubbi avrebbero potuto essere messi sul tavolo di uno spettacolo teatrale e lo avrebbero arricchito e fatto sentire più “vero”. In quelle situazioni il problema più grande è il “lasciarli andare”, il farsi una ragione che la loro mente prende poco a poco altre strade, diverse dalle nostre MA.……. almeno nel mio caso, sempre con il sorriso sulle labbra. Questo è quello che un po’ sconvolge la nostra razionalità, vedi un genitore (che come scrive Roberto è sempre un punto di riferimento) che piano piano si allontana e non puoi farci niente ma lo vedi sorridente, e alla fine fai l’abitudine a questa distanza fino a vederci anche una bellezza. Io con mia mamma passavo il tempo a sostenere i suoi discorsi assurdi, le davo corda e la aiutavo a correre sui suoi prati immaginari, per me era come un match di improvvisazione teatrale (o una terapia?), e li ho trovato la bellezza, ma anche tanto dolore con il quale non si finisce mai di fare i conti.

Anna C.
Ho dovuto anch’io fare i conti con la malattia con mia madre e per diversi anni. In quel periodo non ho mai pensato a lei come persona malata, priva di senno, ho visto in lei la fragile condizione umana, il naturale degenerarsi della mente e del corpo e come ha scritto Paolo, anch’io parlando e ridendo, magari attorno ad un tavolo come si è visto ieri sera, vivevo e seguivo il suo nulla. Ieri sera, seduta in platea e calata nella realtà di quel palco, ho anche visto la mia fragilità e la conseguente e naturale degenerazione.

Rita B.
Ieri sera abbiamo tutti assistito ad un evento di teatro specchio della vita e riflettersi in quello specchio é stato doloroso per tutti…. ma catartico e necessario.

Claudia L.
Il grande vuoto è stato commuovente ma anche feroce. Scontrarsi con la consapevolezza che sei tu figlio che devi accudire e guidare il tuo genitore mentre per una vita è stato l’opposto. La fragilità della figlia “più forte” che davanti al vuoto non accetta mentre il figlio “più debole” accoglie. La ricerca di una convivialità familiare che quasi quasi accetta più il lutto della perdita che l’ assenza di ricordi….e forse l’unica ricetta per trovare qualcosa di bello nel buio dell’ oblio è vivere un momento di gioia e apprezzare un genitore tornato bambino.