BLOOM. Un percorso di ricerca, incontro e immaginazione per artisti e cittadini.
Un progetto di Corte Ospitale e Marco D’Agostin.
Bloom, il percorso di ricerca, incontro e immaginazione per artisti e cittadini, ideato da La Corte Ospitale è diretto, in questa terza edizione, da Marco D’Agostin. L’indagine, che si colloca formalmente nell’intersezione tra il linguaggio coreografico e quello teatrale, propone un allenamento collettivo alla memoria come “funzione performativa”: non solo un modo per ricostruire il passato ma anche uno strumento per immaginare il futuro, spingendo i corpi e le voci fino ai limiti del “tempo profondo”. Il progetto prevede anche l’incursione nello spazio domestico dei cittadini e cittadine che vorranno aprire la propria casa a questa ricerca.
Il progetto Bloom, ideato da La Corte Ospitale, nasce nel 2021, in piena pandemia, da un bisogno di creare occasioni di incontro, dialogo e confronto, per fare fronte alla progressiva frammentazione della società con le relative conseguenze che ne derivano, con l’ambizione di costruire le basi di una comunità coesa, che ha tra le sue caratteristiche la relazione fondante e generativa tra artisti e cittadini e il ruolo politico del teatro, nel suo senso più antico e profondo, quello di veicolo di pratiche democratiche di pensiero e partecipazione.
BLOOM /ARTISTI A partire dalla condivisione di pratiche e fonti teoriche attorno al tema della memoria come “funzione performativa”, Marco D’Agostin guiderà il gruppo artistico in un’indagine somatica e vocale il cui obiettivo è la creazione collettiva di un dispositivo coreografico e testuale. Il gruppo di performer vestirà i panni di un’équipe di archeologi impegnati in una missione segreta: danzare tra le pieghe del passato e del futuro. A partire dal momento presente – l’irripetibile appuntamento con il pubblico, ogni volta diverso – il team di giovani artisti e artiste lavorerà alla costruzione di un sistema a doppia partitura, gestuale e vocale. In un farsi e disfarsi di gesti e movimenti, la voce racconterà quel che accade ai corpi dei performer, degli spettatori, dei cittadini. Assemblando le iconografie, le anatomie e le biografie in un livello narrativo che intreccia il movimento alla parola, il dispositivo si presenterà come un valzer di continui slittamenti e sovrapposizioni temporali che allaccia le vite dei presenti con quelle degli avi e dei posteri, mentre la coreografia si rivela l’occasione per fantasticare su quel che è stato e quel che sarà dell’umano. L’utilizzo della memoria in scena si presterà come l’occasione per un allenamento all’immaginazione: nel tentativo di danzare (e raccontare) mentre si scivola verso il passato o verso il futuro, il gruppo inizierà a prestare ascolto al richiamo seducente del tempo profondo: vale a dire il tempo geologico dei milioni di anni, quello che ci precede e che si seguirà, il tempo di cui non possiamo fare esperienza e nel quale, tuttavia, siamo immersi. Per immaginarsi come un corpo possa muoversi e raccontarsi nelle pieghe di questo tempo lontano, la memoria smetterà d’essere la maniacale attrezzista di scena che è, e la sua funzione diventerà quella della pura immaginazione: di come il mondo è stato, e di come sarà.
BLOOM /CITTADINI E ARTISTI Seguirà una seconda fase della ricerca, in cui una versione adattata del dispositivo servirà da strumento per l’avvicinamento tra il gruppo artistico e le cittadine e i cittadini di Rubiera, all’interno di spazi domestici messi a disposizione dagli abitanti stessi. Artiste, artisti, cittadini e cittadine condurranno collettivamente momenti di ricerca intorno ai temi del lavoro, a partire da alcune semplici azioni fisiche di cui si imparerà a osservare il possibile futuro o il probabile passato. Assieme alle azioni, i gruppi di lavoro saranno guidati a trovare un modo di raccontare quel che è accaduto, accade e accadrà ai loro corpi, in un esercizio di scrittura collettiva in cui le informazioni dell’uno confluiranno nella biografia dell’altro, a ideale composizione di un arazzo di appunti anatomici che traccino una possibile storia dell’umano. Allo spazio domestico, cui viene assegnato un ruolo centrale nella fase di ricerca, sarà idealmente sovrapposto lo spazio pubblico del teatro, e viceversa il teatro si farà infine spazio domestico, in una tensione immaginativa che invita i partecipanti a immaginare come il luogo è stato e come un giorno sarà.
