La tempesta
con Teodoro Giuliani, Elsa Bossi, Fabio Pappacena
elementi scenografici Giacomo Pecchia
disegno luci Fabio Giommarelli
musiche Pappacena/Vezzani
adattamento e regia Giacomo Vezzani
supervisione artistica Maria Grazia Cipriani
La tempesta, testamento teatrale di Shakespeare, è una tragicommedia dove il vero dramma sta nell’impossibilità di rappresentare il sogno. E se fosse proprio il sogno il vero motore di una macchina teatrale che coinvolge un Prospero Orfano dalla sua favola da raccontare? Avremmo allora una Miranda che è obbligata ad essere Ariel e un Ferdinando che riscopre la sua animalità in Calibano. Lo spettacolo è concepito come l’incontro con un vero personaggio, che non ha mai abbandonato l’isola: Prospero e due attori ai quali viene richiesto di mettere in scena ancora una volta la sua Tempesta. Se Prospero non ha mai rinunciato all’idea della rappresentazione, poiché egli stesso è schiavo della sua storia, gli attori si fanno carico di tutti i personaggi dello spettacolo ad eccezione di Antonio che è evocato dallo stesso Prospero come suo alter-ego e specchio del proprio vincolo con il potere, per poi riscoprire il piacere della successiva rinuncia. Dunque avremo l’attrice che interpreta tutte le figure femminili, da Ariel a Miranda e non solo, mentre l’uomo deve interpretare sia Ferdinando che Calibano o Stefano. Per far questo Prospero ogni volta deve partire da capo e convincere i due interpreti che si trovano in un continuo sogno, dove la magia che sta per conoscenza è evocata da i brani musicali o da tentativi di rendere la storia credibile, avvolta com’è da questo sonno incantato, per cercare qual è il vero istante teatrale che può rendere magico l’intero percorso fatto solo di possibilità.
Qual è per voi il senso e il valore di uno spazio di residenza artistica?
“È stato un dono avere la residenza della Corte Ospitale. I nostri spettacoli nascono sempre da Lucca in un isolamento totale. […] Per me è stato fondamentale uscire per azzerare totalmente questa condizione ed era fondamentale stare in un posto dove si potesse dormire, dove si potesse cucinare, quindi anche sciogliere il momento delle prove ma che fosse un ripartire da zero. Io credo che sia fondamentale lo scambio anche perché se ci si fossilizza solo nella ricerca teatrale (noi partiamo sempre dalle improvvisazioni) diventiamo un po’ più aridi e per me era fondamentale lo scambio anche con altre realtà. Il fatto di aver condiviso con un circo questa residenza è stata una scoperta per noi. Poter anche nei momenti più di ricreazione, a cena, a pranzo, scambiare le idee sia con gli ospiti sia con quelli che ci stavano ospitando era proprio partire da zero, è stato fondamentale per questo.”