Siamo tutti in pericolo
ideazione e regia Claudia Caldarano
autori e performer Claudia Caldarano e Sandro Pivotti
collaboratore drammaturgico Alessandro Brucioni
produzione La Corte Ospitale, mo-wan
con il contributo di Ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna
si ringraziano Antonio Tagliarini (tutor per CURA), Vittorio Continelli, Matteo Vitanza, Astrid Casali, Michelangelo Bellugi, Maria Novella Tattanelli
finalista Forever Young 2024 – La Corte Ospitale
selezionato da progetto CURA 2023 , s upportato da PARC Performing arts Research Centre Fabbrica Europa (Firenze) e Residenza Arte transitiva / officine CAOS (Torino)
finalista alla Biennale College Teatro Regia 2022 di Venezia
SIAMO TUTTI IN PERICOLO è una performance transdisciplinare il cui titolo è ispirato all’ultima intervista a Pasolini. Questo titolo diventa per noi una domanda: “Siamo tutti in pericolo?” Viviamo in un periodo di crisi e alienazione, in cui la realtà è più paradossale e assurda della fantasia e in cui i conflitti internazionali, il distanziamento, l’ipersviluppo tecnologico e la società dei consumi ci portano verso un nuovo “cambiamento antropologico”, lasciandoci smarriti e soli. In questo titolo, che Pasolini suggerisce a Furio Colombo poche ore prima di morire, emerge una sensazione inquietante e profetica, non solo alla luce del suo omicidio politico, ma anche per noi oggi: il pericolo non è tanto di morire, quanto di vivere in uno stato di coma che spegne la vitalità, lo spirito critico e la libertà di lottare per ciò che siamo. Perché non troviamo la forza di evitare che tutto vada a rotoli? Esiste un modo di resistere a questa oppressione sottile?
Claudia Caldarano e Sandro Pivotti ci provano, esponendosi con schiettezza e ironia. In scena esplorano la capacità di opporsi riflettendo sulla propria immobilità e sulle proprie incertezze, rigidità e incongruenze, su ciò che li rende “innocentemente” collusi. Li guida la forma-progetto (di ispirazione pasoliniana), un cortocircuito tra vita e opera, e così la loro amicizia diventa una forma di resistenza. Il loro dialogo aperto invita il pubblico a una riflessione collettiva su cosa significhi essere umani in un sistema che ci rende schiavi senza accorgercene. La scena diventa così un “luogo di riflessione pubblica” che mira a stimolare legami reali e libertà relazionale.
Note di Regia “SIAMO TUTTI IN PERICOLO” prende ispirazione dall’ultima intervista a Pasolini, in cui si avverte un pericolo imminente e una visione profetica del nostro destino. Mi chiedo: cos’è questo “pericolo” di cui parla Pasolini poche ore prima di essere massacrato e ucciso? In quel titolo c’è un’allusione a qualcosa che sembra averci già imprigionato, una forza invisibile che ci rende schiavi senza che ce ne accorgiamo, oppressi da dinamiche sociali che ci alienano.
Mi ritrovo immersa in un senso di immobilità, di incongruenza, come se ogni tentativo di essere pienamente me stessa, di oppormi e di agire liberamente, fosse destinato a scontrarsi con una realtà che mi mantiene “innocentemente collusa” con il sistema. È il rischio di rassegnarsi, di credere che “tanto tutto è inutile”. Questa oppressione è una schiavitù sottile, accettata, in cui la propria partecipazione al sistema diventa inevitabile, quasi necessaria. Come ritrovare la forza per opporsi, per non diventare prigionieri in un sistema che rende accettabile e invisibile la nostra stessa condizione di dipendenza?
La mia risposta è la relazione, la connessione diretta, che diventa una forma di opposizione al sistema. In scena, insieme a Sandro Pivotti, condivido un legame di confidenza e affetto, e questo legame ci permette di esporci, di mettere a nudo le nostre debolezze e rigidità con schiettezza, passione e ironia. Penso che i legami creino collettività e stimolino la libertà relazionale come antidoto all’alienazione. Ci domandiamo se siamo davvero “attori del presente” o solo “attori del conformismo”. La nostra performance è un tentativo di liberazione, di scuotere queste incongruenze e riderne, mettendoci in gioco con il pubblico per esplorare cosa significhi essere umani, relazionali e liberi.
La scena è concepita come uno spazio aperto, un “campo aperto” per la relazione e la riflessione pubblica, in cui condividere una serie di “appunti” e digressioni, per riflettere sulla nostra condizione. Questa struttura “aperta” è ispirata alla forma-progetto pasoliniana, che rifiuta ogni “stile” prestabilito e si alimenta di cortocircuiti tra vita e opera, tra il nostro vissuto e il mondo esterno. Nella performance, il pubblico è chiamato a una “triangolazione dialettica”, a partecipare a una riflessione collettiva su cosa significhi essere umani, relazionali e presenti nelproduzione, promozione, formazione, ricerca per il teatro mondo di oggi, essere individui e condividui, uniti da legami reali e liberi, in un sistema che ci vorrebbe invece isolati e immobili.
Immagino questa performance come un progetto aperto e infinito nel suo svilupparsi, che vuole essere una “palestra” per esercitarci al dibattito pubblico attraverso forme estese di partecipazione – con laboratori pre-replica o incursioni di altri performer o il contributo di esperti. La relazione con il pubblico può proseguire anche con altri media, come podcast, interviste o conversazioni aperte sui temi chiave, creando così una piattaforma di sensibilizzazione e dialogo condiviso.